Sabato 10 marzo 2023, è una bella serata, nell’aria puoi già sentire la primavera.
Un ragazzo e una ragazza innamorati passeggiano mano nella mano per una delle vie centrali di Stradella dopo una cena insieme.
Se fossimo in un mondo perfetto il racconto potrebbe finire qui.
Non avremmo bisogno di dirvi che i due ragazzi sono disabili. Non dovrebbe importare a nessuno.
Purtroppo non è così.
Allora ricominciamo.
In una sera di marzo del 2023 ( non nel 1930, fate bene attenzione), in una piccola città di provincia che si chiama Stradella, ma potrebbe essere Viareggio, Brescia o Isernia, un ragazzo e una ragazza con disabilità camminano parlando del loro futuro insieme.
I familiari li seguono, discreti, a pochi passi di distanza.
La via della “Movida” stradellina è affollata.
Qualcuno li guarda con un sorrisino ironico, altri aggiungendo un commento stupido, molti, ma sempre troppi pochi, con la tenerezza che si riserva agli amori appena nati.
Fin qui ordinaria amministrazione, i nostri eroi sono tosti, hanno imparato da tempo a difendersi dagli sguardi degli altri.
Poi, all’improvviso, l’incontro sul viale dei giardini con “ Il Branco”.
Una decina di ragazzine giovanissime si avvicina.
Risate di scherno.
“Ehi guarda quei due down”…
Disprezzo che taglia come cristallo.
Una di loro, accelera il passo, raggiunge la coppia, cerca di colpire la ragazza con una pedata sul sedere.
Forse per farle male.
Forse per umiliarla, che è un male anche peggiore.
A quel punto interviene il papà della ragazza per difendere i nostri “ portatori sani di tenerezza”, scosso, schifato, mai stanco di combattere contro l’ignoranza e il pregiudizio.
Il gruppo si disperde.
I due innamorati non si sono lasciati la mano, sono feriti, hanno gli occhi lucidi, ci vorranno giorni per lavare via questo schifo dalle loro anime belle.
Perché vi raccontiamo questa storia?
Perché è giusto che sappiate che ancora, in un’epoca di “politicamente corretto” e ipocrisia, esistono i “diversi” e i “normodotati” e su chi sia cosa, ci sarebbe molto da discutere.
Ve lo diciamo perché, quando degli adolescenti si comportano così, nessuno di noi è assolto.
Li cresciamo noi questi figli dalla sensibilità atrofica, talmente fragili e rabbiosi da doversi accanire su chi sentono più fragile di loro.
In fondo è responsabilità di noi tutti educare al rispetto e all’inclusione.
Ecco, se credete che questa storia non vi riguardi, non ci riguardi tutti, allora il grosso problema è questo.
Siamo quasi a fine anno, ci sembra doveroso non tanto dirvi, ma farvi vedere come tutti insieme siamo riusciti a trasformare un sogno in una realtà.
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